Alta Valle del Chiarino. Cima Venacquaro (2.377mt) e Cima Falasca (2.300mt)


25 febbraio 2014 La Valle del Chiarino è a mio avviso uno dei luoghi più interessanti e completi dell’Appennino d’Abruzzo; percorrere la vallata nella sua interezza, dal lago della Provvidenza fin sulla cima del Monte Corvo, consente di esplorare in una unica lunga escursione tanti e diversi ambienti; la fitta faggeta solcata dal torrente Chiarino tumultuoso e cristallino e poi i pascoli d’altura ed ancora più in alto vette impervie e rocciose … una valle lunghissima, spesso solitaria, che salendo si allarga verso bellissimi panorami. Non esiste un periodo da preferirsi per percorrere la Valle del Chiarino, è sempre il momento giusto per recarsi in questo angolo di montagna così vario che molto cambia di aspetto allo scandire delle stagioni; a noi mancava l’inverno e così approfittiamo di una limitata finestra di bel tempo per attuare nuovamente questa escursione. Imbocchiamo in auto la sterrata che parte dalla diga e che abbiamo letto essere di nuovo percorribile per qualche chilometro; in effetti percorribile lo sarebbe se non fosse che al primo tratto in salita il fondo è così fangoso che l’auto “cittadina” perde trazione e siccome il greto che precipita nel torrente è proprio lì di fianco decidiamo di accostarci e proseguire a piedi; tutto sommato è una buona idea anche perché il bosco si presenta bellissimo con i suoi colori caldi ed i suoni di innumerevoli uccelli che hanno anch’essi deciso di approfittare della bella giornata per dispiegare le ali… e poi non c’è niente di meglio che sgranchirsi le gambe con qualche chilometro di comoda strada bianca per lasciarsi alle spalle una settimana seduti dietro ad una scrivania. La sterrata sale pochissimo nel primo tratto ed il torrente tiene compagnia con le sue innumerevoli cascatelle; in effetti il fondo della carrozzabile è buono ed anche il tratto che era franato è stato ripristinato a dovere, in pratica se si vuole abbreviare il tratto di avvicinamento si possono percorrere in auto i primi quattro chilometri circa e sostare in uno spiazzo immediatamente prima la Masseria Cappelli. Appena superate le costruzioni, la piccola chiesetta e l’area attrezzata per pic-nic un’altra frana si deve essere riversata di recente sulla strada e bisogna scavalcare un mucchio di fango e degli alberi abbattuti con le radici all’aria; mano a mano che si sale fa capolino sopra agli alberi il ripido spigolo ovest della cresta del Monte Corvo che da questo tratto di strada appare come una piramide perfetta e subito torna alla mente di chi ci è salito la sensazione di verticalità che si prova ad arrampicarsi lungo quel pendio che si innalza imponente sulla vallata. L’arrivo al Rifugio Fioretti ci regala anche questa volta un panorama davvero unico, una vallata inondata dal sole ancora basso sull’orizzonte e dallo scintillare della neve che riveste le cime all’intorno: a destra spicca il roccioso Pizzo Camarda mentre a sinistra i contrafforti meridionali del Monte Corvo sembrano non finire mai per quanto si estendono verso l’alto. Ed in questo inverno, che poi tanto inverno non è stato, a febbraio capita di trovare i prati attorno al rifugio già popolati dai bucaneve che stanno per aprirsi .. e si perché a questa quota oggi la sensazione è che sia primavera! Una volta arrivati al pianoro della Solagna finalmente ci troviamo immersi in un paesaggio invernale come il calendario vuole e per guadagnare subito un pò di quota decidiamo di non seguire il tracciato del sentiero che va verso destra bensì portarci sul pendio alla base dell’enorme piano inclinato che scende giù dalle rocce sommitali del Corvo; la scelta non si rivela del tutto azzeccata perché si comincia a traversare prima su erba bagnata ed infida e poi su tratti innevati di discreta pendenza … ed ovviamente i ramponi sono rigorosamente dentro lo zaino e non dove dovrebbero già essere, cioè sotto ai piedi!! Con cautela ci portiamo sopra qualche roccetta dove procediamo a ramponarci, ovviamante in posizione scomoda e precaria. Così equipaggiati procediamo speditamente sino ad intercettare il lungo canalone che porta alla sella di Monte Corvo, cinquecento metri più in alto alla bella altezza di 2.300 e passa metri; la sella in questione è uno dei più bei balconi che questa parte d’Appennino mette a disposizione dell’escursionista, ci si affaccia infatti sulla valle del Venacquaro, dove il senso di estrema solitudine è di casa in ogni stagione, al cospetto delle vette più alte del Gran Sasso. Questo tratto di escursione è particolarmente bello a primavera inoltrata quando la neve in fusione produce innumerevoli rivoli e cascatelle che vengono giù dalle alte pendici del Monte Corvo e vanno ad alimentare un torrentello che prende inizio subito sotto alla sella e costeggia il sentiero lungo tutta la salita: ricordo un pò di anni fa di averci fatto praticamente un bagno per lenire il caldo di un giugno torrido. Anche questa volta l’arrivo alla Sella di M.te Corvo non ha tradito le aspettative, anzi la visuale improvvisa sull’Intermesoli, imponente, tutto bianco e proprio lì di fronte, è stato un vero colpo emotivo! In un attimo sono dimenticati gli oltre dieci chilometri ed i 1300 metri di dislivello appena fatti! Sostiamo a lungo e mangiamo qualche cosa “apparecchiando” sul masso piatto che si trova proprio al centro della sella che, grazie allo spesso strato di neve, oggi è proprio all’altezza giusta per fare da tavolino di appoggio. Oltre a noi oggi è in azione anche un gruppo di sci-alpinisti che sta approcciando il Corvo lungo uno dei percorsi che si snodano lungo il fianco sud della montagna e portano sino al ripiano alla base delle rocce che sostengono la vetta; ci raggiunge anche un altro escursionista con il quale condividiamo i sentimenti e le emozioni che ci derivano dall’essere arrivati sin lassù in una splendida giornata d’inverno! Recuperate le energie ed immagazzinate immagini e sensazioni a sufficienza ci arrampichiamo veloci su per il pendio della così detta Cima Venacquaro (2377 metri, senza nome sulla carta) dalla cui sommità si scopre il Corno Grande, rimasto fino a quel momento nascosto dietro all’Intermesoli. Di per sè la cima non è molto significativa ma risulta molto panoramica, anche sul Monte Corvo la cui vetta è finalmente svelata. Mentre siamo a girarci attorno rapiti dai panorami sconfinati, notiamo del movimento proprio sotto di noi, nella Sella Venacquaro .. in un attimo si è materializzato dal nulla un nutrito branco di camosci che deve essere sceso dalle Malecoste e sta sfilando ordinato proprio sul fondo dell’ampia sella: non ne avevamo mai visti così tanti tutti assieme, una trentina e forse anche di più, e questo è decisamente un gran colpo di fortuna! Della presenza dei camosci nella zona del Venacquaro si è letto molto ma poter incontrare una comunità così numerosa non è cosa di tutti i giorni, e poi in inverno con il fondo innevato la livrea di questi agili signori delle montagne risalta ancor di più … e così siamo rimasti a guardare bocca aperta per un bel pò. La tappa successiva - Cima Falasca (2300 metri, senza nome sulla carta) - è presto raggiunta dopo una ripida discesa alla sella e la facile risalita alla sommità di quella che da questo lato appare essere solo una collinetta. Dalla Cima Falasca si può apprezzare la “forchetta” omonima, stretto valico di rocce che separa il Venacquaro dalla Val Chiarino e che innevato appare ancora più irto ed inaccessibile di quanto effettivamente sia; anche l’anfiteatro delle Malecoste, molto vicino, incombe imponente. Ancora qualche minuto a guardar panorami e dopo un autoscatto celebrativo su questa “cima secondaria” ci avviamo per la discesa che risulta molto comoda … la neve infatti ha il giusto grado di ammorbidimento in superficie, frena ed attutisce così che andiamo giù molto rapidi; scendendo lambiamo il picco roccioso di quota 2153 proprio al centro della vallata e quindi raggiungiamo il pianoro delle Solagne dove nel frattempo stanno approdando anche gli sci-alpinisti dopo aver descritto innumerevoli serpentine, ed hanno proprio l’aria di essersi divertiti un mondo. Percorriamo assieme a piedi il tratto sino al Rifugio Fioretti scambiando le nostre impressioni sulle diverse esperienze fatte nella giornata: è la prima volta che vengono a sciare in Val Chiarino e ne sono rimasti estasiati per la vastità e per le cime maestose che la circondano e di certo torneranno per apprezzarne anche la veste estiva. Dopo una breve sosta nei pressi del rifugio - giusto il tempo per dare un ultimo sguardo indietro - proseguiamo spediti lungo la sterrata tra gli immancabili commenti sull’escursione appena conclusa, di come essa si sia rivelata anche questa volta la più bella di sempre, e siamo a lanciare serie ipoteche sulla prossima uscita che speriamo non si faccia attendere troppo a lungo. Dati sintetici dell’escursione Lunghezza: 23 Km se si lascia l’auto alla diga della Provvidenza, 15 Km se si parcheggia nello spiazzo prima della Masseria Cappelli Dislivello complessivo: 1.400 metri