L’anello più classico del Monte Terminillo


C’è poco da raccontare di nuovo sul Terminillo; a meno che non si decida di salire dalle valli periferiche e selvagge nel versante di Sigillo o di Posta, dove una vegetazione irta fino ad alte quote unita all’asprezza dei ripidi versanti ha fatto si che i pochi sentieri presenti siano stati quasi riconquistati dalla natura; ogni escursione e quindi ogni racconto su questa montagna ha, se vogliamo, già del vissuto. E poco ci tratterremo sulla descrizione del percorso, il più classico del gruppo, ma non per questo il meno bello; questo racconto, per di più fotografico di una bellissima giornata di montagna, in una delle montagne più centrali e raggiungibile da tutti, vuole ricordare, a chi tende a relegare in secondo piano questa “facile” meta, che almeno una volta all’anno vale la pena ritornarci sopra. Scegliere il momento giusto, dopo un periodo ventoso e secco o dopo un periodo in cui i temporali hanno spazzato l’aria e gli orizzonti si sono fatti infiniti; scegliere di volta in volta il percorso per raggiungere la vetta, su tutti l’aerea cresta che dal Terminilletto, a cavalcioni sulla sottile linea in bilico sulla Valle degli Angeli porta direttamente in vetta, oppure i tanti canali con pendenza fino al 50%, il Chiaretti-Petrostefani, quello meno conosciuto ai più, nel lembo di parete più a nord del massiccio centrale, tra tutti il più alpinistico ed il più adrenalinico, e gli ingredienti per una grande giornata di montagna ci sono tutti. Brevi percorsi dalle difficoltà diverse, tutti di ampia soddisfazione e comunque dedicati ad un escursionista esperto con buone cognizioni di alpinismo. Nessuna complicazione invece, per questa escursione che voglio proporre, discussa, scelta e proposta con Marina; una via classica, dove ci fosse tutto, divertimento e sensazione di “vivere” e “respirare” la montagna; per me è una prima, tutti i versanti del Terminillo mi erano noti ma mai avevo percorso la cresta Sud, da sempre nell’agenda tra quelle da fare. 18 Maggio, una stupenda giornata di una primavera capricciosa; l’anello del gruppo centrale del Terminillo con partenza da rifugio Sebastiani, su per l’ampia cresta Sud fino in vetta e poi fino alle propagini settentrionali del gruppo, la cresta Sassetelli, con discesa dentro i valloni delle Scangive, nel versante est, sotto le creste, fino alla Sella di Leonessa e da qui a chiudere l’anello, di nuovo al rifugio. Solo alcuni spunti per invogliare chi da tanto non percorre questo aereo percorso; dal rifugio Sebastiani si scende nel valloncello sottostante fino ad intercettare l’evidente sentiero di cresta che inizia proprio sotto il rifugio stesso; ampie svolte ti fanno salire rapidamente e ti mettono in contatto ravvicinato con i canali più settentrionali della montagna. La neve all’interno è ancora ben conservata ed accentua la pendenza degli stessi; il colpo d’occhio è notevole e sullo sfondo Laga e Sibillini, complice una limpidezza dell’atmosfera inconsueta, si fanno belli. Traversando si abbandona il versante est più conosciuto e si va a scoprire quello reatino, quello verso la secondaria vetta del Terminilletto, quello conosciuto per la sua cresta, soprattutto in inverno, affilata e sottile. Girato sul versante ovest il percorso si fa più divertente, in alcuni punti occorre usare le mani, ma mai difficoltà toglie il divertimento della passeggiata; un canalino roccioso impegna un po’, la roccia prende il posto delle zolle erbose ed accompagna fino in vetta dove le conche sotto cresta sono ancora colme di neve. Dal grosso prisma metallico dell’anticima si percorre una crestina rocciosa ed aerea, sottile ed in bilico sul ripido canalone centrale da dove sta salendo una cordata di sciatori, sci in spalla naturalmente, fino alla vetta principale che si affaccia sulla Sella di Leonessa e che offre un panorama suggestivo sulla parte est del gruppo dominato dal Monte Elefante, e dalla suggestiva crestina che lo unisce al Monte Brecciaro. Sullo sfondo, complice una limpidezza dell’atmosfera incredibile per questi tempi, le creste dei Sibillini, della Laga e del Gran Sasso sembrano una sola senza soluzione di discontinuità. Sul versante opposto, la cresta che si curva e forma un grande catino ancora stracolmo di neve raggiunge il lembo opposto della montagna, la Vetta Sassetelli e la cresta omonima. Dal Terminillo si scende di poco e la si percorre tutta, prima su un facile sentiero, sempre però aereo ed in bilico sulle valli laterali, poi in prossimità della Vetta Sassetelli, più roccioso dove di nuovo è utile in alcuni passaggi usare le mani. La cresta si mantiene sempre panoramicissima, estremamente entusiasmante, bellissima, dove la sensazione della montagna è come poche volte forte e nello stesso tempo sicura. Lentamente la si segue piegando verso Nord-Est, si scende fino ad entrare nella valle sottostante, la parte alta delle Scangive, ancora colma di neve; a tratti poco consistente costringe ad una progressione lenta e stancante. Le ciaspole sono rimaste a casa, troviamo tutto il tempo per godere dei forti ed accentuati scontri cromatici che il panorama ci offre. La neve, sporca, di fine stagione, non bianchissima si scontra col grigio delle rocce affilate e col blu intenso del cielo. Mentre lentamente avanziamo godiamo della libertà altrui, non più della nostra, di certo diversa; una schiera di sciatori lasciavano sinuose tracce sulla conca che scende direttamente dalla vetta del Terminillo. Si costeggia il ripido sperone nord del Terminillo, si risale, sempre faticosamente, la sella di Leonessa, si passa sotto il canalino Chiaretti-Pietrostefani consegnando all’agenda degli impegni futuri anche questo lembo dei monti reatini, e scavallando si prende in discesa verso il rifugio dove ci attendono, non sappiamo ancora cosa, di certo interessanti scelte gastronomiche in linea con l’ambiente e la giornata. Ad andar lenti, come lo siamo stati noi, in quattro ore o poco più si compie l’intero giro, godendo di grandi panorami aerei ed infiniatamenti avvolgenti, si gode di sentieri ora agili ora più impegnativi; creste sottili ed affacci vertiginosi, un concentrato di varietà di situazioni in uno spazio così ristretto lo si ritrova in poche montagne. Il dislivello è minimo, si e no seicento metri contando tutti i cambi di pendenza, ed alla fine un bel rifugio, il Sebastiani, dove magari prenotando in anticipo, si è certi di chiudere degnamente la giornata. Che dire? Marina che era con me è stata entusiasta dell’escursione, tanto quanto della prelibata polenta del rifugio. Il tavolo accanto alla finestra che dava sull’affascinante silouette del Terminillo consacrava definitivamente la giornata alla montagna.