I 2000 della cresta Est delle Mainarde


Escursione alla scoperta della parte più meridionale del PNALeM lungo tutta la cresta che chiude ad est le Mainarde, dal Passo dei Monaci sino al Monte Mare

La Metuccia (2.105), Monte a Mare (2.160), Coste dell’Altare (2.075), Cappello del Prete (2.013), Monte Mare (2.020) e Monte Ferruccia (2.005)

Agosto 2013, partecipanti Giacomo e Giorgio

Un’altra lunga passeggiata che prende piede da Prato di Mezzo e si svolge in buona parte attraverso ambienti molto panoramici e solitari.
Il primo tratto è quello molto battuto (sentiero N1) che conduce sino al Passo dei Monaci, immediatamente sotto alle pendici della Meta: inizialmente nel bosco e per radure ma ben presto si esce allo scoperto prima sul fondo di una vallata e poi sul bordo una lunga forra che incide il fianco della montagna.
Attorno a quota 1.800 si attraversa un bel tratto di sentiero inciso nella roccia mentre gli spazi si vanno sempre più aprendo e già la cima della Meta campeggia all’orizzonte; l’arrivo al Passo dei Monaci porta con sé un bel carico di suggestioni per via del panorama che dall’ampia radura spazia improvvisamente in tutte le direzioni.
In corrispondenza del valico, verso sud inizia ad alzarsi la dorsale che una dopo l’altra raggiugerà tutte le cime previste per l’escursione.
Con pendenza costante su di un altopiano appena inclinato in due chilometri circa si raggiunge la cima della Metuccia, rilievo appena pronunciato sulla linea della cresta e comunque identificabile dall’immancabile ometto sommitale; da questo punto inizia una serie di sali e scendi che caratterizzerà il percorso sino al Monte Mare.
Sempre in direzione sud si supera una selletta immediatamente sotto alla Metuccia e subito si riprende quota, sempre sul filo di cresta tra qualche segnavia bianco/rosso, sino a superare un dosso da cui appare non molto distante il Monte a Mare, seconda cima dell’escursione nonché massima elevazione delle Mainarde (anche se il GPS rileva un paio di metri più alta la cima che si trova subito a sud della Metuccia).
Molto belli e ricchi di fioriture sono i prati che si attraversano sino a raggiungere la quota fatidica dei 2.160 da cui si ha un’eccellente vista d’insieme di questo avamposto meridionale del PNALM; proseguendo sempre sul filo della cresta il versante ad est è tutto un susseguirsi di profondi bracciai intervallati dagli speroni rocciosi che sostengono le vette principali e le cime secondarie (probabilmente un punto di vista migliore di queste montagne si ha avvicinandole dal versante orientale, più roccioso e scosceso).
Lasciato alle spalle il Monte a Mare si entra nelle così dette Coste dell’Altare, tratto di cresta che si estende verso sud per un altro paio di chilometri e se ne superano rispettivamente la Cima omonima (2.075) e quindi, previa un’ulteriore discesa ad una sella e successiva risalita, il Cappello del Prete che è immediatamente di fronte al Monte Mare; dalla Cima delle Coste dell’Altare si ha una bella visuale del duo Cavallone-Forcellone che si trovano proprio di fronte e tutto sommato a distanza ravvicinata.
Camminando su e giù per la cresta delle Coste dell’Altare non si può non notare ad est il lago di Castel San Vincenzo che risalta nella piana con un raro ed intenso color acqua marina (mi si perdoni la licenza!).
Dal Cappello del Prete si può apprezzare l’ultimo e più significativo impegno da affrontare nella nostra escursione (anche in considerazione che a quel punto è stata percorsa già un bel pò di strada) e cioè la discesa alla sella che si trova oltre 200 metri più in basso e la rimonta sull’irto crestone nord del Monte Mare sino a raggiungerne i 2.020 metri della vetta. La salita passa comunque di buon grado anche perché salendo proprio sul ciglio della cresta si apprezza la vista sui valloni glaciali sottostanti e sul panorama ad est che si va sempre più ampliando.
Una volta in “sella” al Monte Mare non resta che la comoda passeggiata fino alla Ferruccia la cui vera identità di cima over 2.000 si può apprezzare solo una volta che ci si affaccia verso sud, sulla vallata molto più in basso che separa dal Monte Marrone.
Per il ritorno si inizia con la discesa alla sella che separa il Monte Mare dal Cappello del Prete dove si intercettano i segni del sentiero M2 (si va sinistra) che attraversa la Valle Venafrana; seguendo la traccia si perde ancora un pò di quota sino ai circa 1.700 metri e così, dal basso, assume una certa imponenza la rocciosa parete del Monte Cavallo e dei brecciai che scendono lungamente sino a fondo valle.
Ad un certo punto si incontra un sassone con su scritto Sentiero Italia e dall’altro lato è un grosso masso erratico con su una statuetta della Vergine Maria; ecco da questo punto, abbandonando il sentiero, abbiamo iniziato a seguire delle tracce di acqua sulla destra per vedere se portavano ad una sorgente o se invece si trattava solo di qualche ristagno di pioggia dei giorni precedenti.
Passo passo la vegetazione diventava sempre più rigogliosa .. all’interno della scia verde si andava formando un flebile corso d’acqua fino a che, sempre seguendo l’acqua e risalendo una stretta fenditura siamo arrivati ad una piccola cascatella che usciva da un foro nella roccia: considerata la stagione ormai avanzata è stata veramente una piacevole sorpresa trovare uno zampillo di acqua freschissima e cristallina con cui potersi ristorare!
Dalla sorgente abbiamo recuperato quota puntando direttamente alla sella sotto al Monte Cavallo (passaggio obbligato per entrare nel pianoro che si estende sotto al Predicopeglia) sino a ritrovare i segni bianco/rosso sul terreno e poi ancora lungo il sentiero sempre meglio definito sino ad uscire definitivamente dalla Valle Venfrana e già in vista del Forcellone.
Si scende rapidamente dalla sella (da qui il sentiero diviene l’N2) sino al bel piano a pascolo alla base del Forcellone e Predicopeglia e quindi, sempre lungo una traccia ben marcata, si giunge in breve alla stazione di partenza della piccola sciovia di Prato di Mezzo.

Pur essendo non proprio breve (sono poco più di 22 chilometri) l’escursione descritta merita sicuramente di essere fatta in quanto offre la possibilità di percorrere per intero una lunga, facile e panoramica cresta ed attraversare ambienti che trasmettono sensazioni di autentica wilderness; oltretutto è molto varia in quanto si sviluppa lungo un anello e quindi senza mai tornare sui propri passi. Per via dei numerosi sali e scendi lungo la cresta il dislivello complessivo da superare in salita è attorno ai 1.400 metri ma che non pesano affatto in quanto ben distribuiti lungo tutto il percorso.
Senza contare che può essere una bella soddisfazione per i duemilametristi portarsi a casa ben sei cime in un colpo solo!